“Amore e Psiche. Un’interpretazione nella psicologia del profondo” di Erich Neumann

Cosa accade a Psiche, che spinta dalle forze matriarcali ostili all’uomo si avvicina al letto munita di lampada e coltello per uccidere il presunto mostro, e che adesso riconosce essere Eros? …. Si tratta del risveglio di Psiche in quanto psiche, del fatale momento in cui la donna emerge per la prima volta dalle tenebre del suo inconscio e dalla severità del vincolo matriarcale e, incontrando l’uomo individual- mente, ama, cioè riconosce Eros…
La Psiche che si avvicina al giaciglio di Eros non è più la creatura languidamente irretita e stordita dal piacere che vive nell’oscuro paradiso del sesso e del desiderio; risvegliata dall’irruzione delle sorelle, Psiche diventa consapevole del pericolo in cui si trova, ed è ora con tutto lo spietato spirito del matriarcato che va a uccidere il mostro, l’uomo-belva che con queste nozze di morte l’ha strappata alla terra e l’ha rapita nelle tenebre. Ma al chiarore della luce nuovamente accesa, con la quale illumina l’inconscia oscurità della sua precedente esistenza, riconosce Eros. Psiche ama…
La Psiche che scopre il vero aspetto di Eros e infrange il tabù della sua invisibilità, non sta più di fronte al maschile come la vecchia Psiche ingenua e infantile, ma non è neanche soltanto afferrante e afferrata; essa è invece così mutata nella sua nuova femminilità, che perde il suo amante, anzi lo deve perdere In questa situazione amorosa di una femminilità che diventa cosciente attraverso l’incontro e il confronto, conoscenza, sofferenza e sacrificio costituiscono un’identità…
L’azione di Psiche provoca così tutte le sofferenze legate all’individuazione, nelle quali una persona ha esperienza di se stessa di fronte a un partner che è altro da lei e non soltanto a lei connesso. Psiche ferisce se stessa e ferisce Eros, e le loro simili ferite decretano la dissoluzione della loro originaria unione inconscia. Ma solo grazie a questo doppio ferimento sorge l’amore, il cui senso sta nell’unire nuovamente ciò che è stato separato; solo grazie ad esso sorge la possibilità di un incontro, condizione dell’amore tra due individualità…

(tratto da Erich Neumann, “Amore e Psiche. Un’interpretazione nella psicologia del profondo”, traduzione di Vittorio Tamaro, Astrolabio editore.)

l delirio del Sindacato autonomo di polizia sui NO Tav e le ragioni del sabotaggio per Mandela, De Luca e Celestini

Il testo del comunicato del SAP : “La diffusione in Valdisusa di manifesti eversivi che rivendicano con orgoglio le violenze e le devastazioni dei mesi scorsi è un reato grave. A nostro avviso si configura, nella migliore delle ipotesi, l’istigazione senza commissione, da cui possono anche scaturire, secondo le norme vigenti, adeguate misure di sicurezza.Per certi No Tav, ad esempio, un po’ di sana e ricostituente fatica fisica in una colonia agricola o in una casa lavoro potrebbe davvero essere la soluzione migliore”.

E’ quanto afferma Gianni Tonelli, presidente nazionale del sindacato di polizia Sap. Tonelli esprime preoccupazione ”per questa deriva violenta e sovversiva, svariati siti internet e documenti legati al movimento No Tav inneggiano alla lotta armata e all’insurrezione, difendono e giustificano i reati commessi da soggetti accusati di terrorismo e definiscono lo Stato stesso come terrorista. Fino a che punto possiamo tollerare questi comportamenti e questi atteggiamenti straordinariamente negativi, che rischiano di diventare prassi quotidiana, quasi normalità? Non vogliamo apparire corporativi o repressivi, ma si sappia che a pagare il prezzo più alto per queste violenze e devastazioni sono in primo luogo i poliziotti impegnati nei servizi di ordine pubblico”.

Scriveva Mandela che oggi il mainstream osanna : ” Sono in pos­sesso di una lau­rea e ho eser­ci­tato per vari anni, in società con Oli­ver Tambo, la pro­fes­sione di avvo­cato. Sono un pri­gio­niero con­dan­nato a cin­que anni di reclu­sione per essere uscito dal paese senza un per­messo e per aver inci­tato la gente a scio­pe­rare alla fine del mag­gio 1961. (…) Non nego, comun­que, di aver pro­gram­mato azioni di sabo­tag­gio. Non le ho pro­gram­mate per avven­ta­tezza o per­ché amo la vio­lenza. Le ho pro­gram­mate a seguito di una valu­ta­zione serena e pacata della situa­zione poli­tica venu­tasi a creare dopo molti anni di tiran­nia, di sfrut­ta­mento e di oppres­sione della mia gente da parte dei bianchi.

Ammetto subito che sono stato una delle per­sone che ha con­tri­buito a for­mare l’Umkonto we Sizwe e che, fino al mio arre­sto nell’agosto 1962, ho svolto un ruolo di primo piano nelle sue attività.Gli afri­cani vogliono per­ce­pire un sala­rio che per­metta loro di vivere. Gli afri­cani vogliono fare il lavoro che sono capaci di fare e non un lavoro che il governo dichiara che sono capaci di fare. Gli afri­cani vogliono avere la pos­si­bi­lità di vivere dove tro­vano un lavoro e non essere cac­ciati da un’area per­ché non ci sono nati. Gli afri­cani vogliono avere la pos­si­bi­lità di pos­se­dere la terra nei luo­ghi dove lavo­rano, e non essere obbli­gati a vivere in case prese in affitto che non potranno mai sen­tire pro­prie. Gli afri­cani vogliono fare parte della popo­la­zione gene­rale e non essere con­fi­nati a vivere nei ghetti”. http://ilmanifesto.it/i-neri-sono-sfruttati-e-oppressi-il-sabotaggio-e-legittimo/

Ascanio Celestini: “No Tav? I sabotaggi sono poca cosa in confronto alla distruzione di una montagna”

E il pericoloso terrorismo, paventato dal procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli, diventa “ridicolo e irresponsabile”. Perché i valsusini che sabotano le reti con le cesoie sono al massimo paragonabili a Rosa Parks, la donna nera che osò sedersi sull’autobus destinato ai bianchi. “Mentre dall’altra parte c’è un esercito che per fortuna non ha ancora sparato”.

Basterebbe una visita ai cantieri dell’alta velocità, aggiunge Celestini, per comprendere che “persino i militari e le forze dell’ordine non vedono l’ora di tornare a casa”. E gli incendi alle aziende che secondo gli inquirenti sono attribuibili alle frange dure del movimento? “Non c’è confronto tra il danno causato a un capannone e il danno di una montagna distrutta. E comunque verificherei le reali responsabilità…

Basta andare in Val di Susa per rendersi conto che la situazione è completamente diversa e che coloro che si oppongono al progetto non sono terroristi. Il vero pericolo in quella valle sono lo Stato e le aziende che tentano di entrare nel gigantesco affare.

La confessione di Erri De Luca:
“Ho partecipato ai sabotaggi No Tav”

Lo scrittore: “In Val di Susa le parole non bastano. In Italia c’è un leader politico che invita a imbracciare i fucili, ma di fronte alle sue parole nessuno reagisce” “Il termine sabotaggio fa parte di una lunghissima tradizione di lotte del movimento operaio e sindacale. Ho fatto una constatazione: in una valle che vive in stato d’assedio e militarizzata per difendere un’opera inutile e dannosa, e dove non ci sono altri modi per farsi ascoltare, si ricorre al sabotaggio. Io non uso le parole a caso. Le parole hanno un peso. Per esempio: il più importante premio letterario di questo Paese è stato vinto da un libro che si intitola: Resistere non serve a niente (di Walter Siti, vincitore dello Strega, ndr). Ecco, io non avrei mai pensato di intitolare un libro così.

La fase anale del M5S , il bisogno di espulsioni e le bugie sui dissidenti

La servitù volontaria degli utili idioti

Étienne de La Boétie, precursore di Stirner, Proudhon, Bakunin e Tolstoj in giovanissima età scrisse Il Discorso sulla servitù volontaria, un pamphlet che circolò clandestinamente in Francia fino al 1576. Domanda centrale dell’opera è : “perché gli uomini, fatti per essere liberi, rinunciano con tanta naturalezza alla loro libertà?”.
In onore della libertà e contro i tiranni il “Discorso” divenne ispiratore della causa del popolo eroico, antesignano della rivoluzione francese.
Il Discorso sostiene che i tiranni detengono il potere in quanto sono i sudditi a concederglielo, e legittimare quindi ogni forma di potere. Secondo l’autore «La consuetudine ha un grande influsso sulle nostre azioni, esercita il suo potere soprattutto nell’insegnarci a servire… La prima ragione per cui gli uomini servono di buon animo è perché nascono servi e sono allevati come tali». Quel che vien messo sotto accusa è dunque tutto quel complesso di meccanismi psicologici, intellettuali e sociali che conducono il singolo individuo all’assuefazione nei confronti della struttura di dominio che caratterizza la società. Per il potere e il tiranno la servitù del cortigiano è preferibile alla libertà dell’uomo libero, che rifiuta di essere sottomesso e di obbedire .

Si chiede l’autore : «Da dove ha potuto prendere tanti occhi per spiarvi se non glieli avete prestati voi? come può avere tante mani per prendervi se non è da voi che le ha ricevute? Siate dunque decisi a non servire più e sarete liberi! »

Dopo che il sistema di voto del M5S, in mano alla Casaleggio e associati ha sancito l’espulsione dei dissidenti, rivolgo la stessa domanda ed esortazione a tutti gli elettori del Movimento.

“Via chi spala merda sul movimento” urla la sempre elegante Lombardi e sul web arrivano commenti di questo tono: “@DPlavan: Abbiamo vinto! Eliminate quei quattro traditori. Alla forca!!! #beppegrillo #M5S”

E’ con un click che si ammazza la libertà di pensiero ed espressione? da dove viene questo bisogno evacuativo? se stimoli la pancia, ottieni prodotti sfinterici

Il carattere anale del movimento e le espulsioni 

Alle Quirinarie avevano votato 28.518 persone, per l’ espulsione: 43.368. Un dato increscioso che porta a pensare quanto il famigerato popolo della rete grillino sia più assetato di sangue che di proposte. Ieri pensando ai miti fondativi dei gruppi e delle istituzioni e al linguaggio sfinterico di Grillo ( nel suo linguaggio culo, merda e prodotti sfinterici sono all’ordine del giorno) e di molti commentatori suoi seguaci, ho associato all’evacuazione l’espulsione e mi sono detta : essendo fondato da una persona tirchia e anale  il Movimento non poteva che essere espulsivo, prodotto sfinterico della pancia gentista. Ricordate che chi dissentiva sul blog venne definito dal Guru ” Schizzi di merda”? Grillo ha definito i dissidenti ” Corpi estranei”, da evacuare appunto perché il pensiero divergente non è contemplato. Tipico della personalità anale e ritentiva è l’ossessione per i soldi, Grillo ne ha fatto un diktat esemplificato nelle parole del deputato Ivan Catalano: ” Mi devo sentire ladro se ho un problema che mi obbliga a tardare a fare la rinuncia, mi devo sentire un ladro se spendo i soldi messi a disposizione per l’attività parlamentare, per fare appunto attività parlamentare, mi devo sentire ladro se mi prendo un caffè? credo che si sia esagerato, l’ossessione compulsiva per i soldi ha fatto degenerare i principi etici del movimento 5 stelle”. Solo lo 0,3% di chi ha votato Grillo alla camera nel 2013 ha deciso l’espulsione di persone colpevoli semplicemente di aver contestato il grande capo, il Messia, quello che urlava ” Uno vale Uno” ma che poi si è rivelato un tiranno.
Con meno di 50.000 clic , meno dell’ elettorato di una mezza provincia di una cittadina italiana, i votanti sul blog hanno deciso per gli 8-9 milioni che votarono il movimento alle scorse elezione.
Proprio come un novello tiranno e negando il significato stesso di democrazia diretta e libertà, prima del voto Grillo ha spedito una mail a tutti gli iscritti al blog perché confermassero l’espulsione. Giusto per non condizionarli. L’imbonitore prende in giro i comunisti ma fa tornare in auge il peggior Centralismo democratico.
Ma molti senatori si ribellano, escono, sbuffano, persino Vito Crimi arriva a dire : “Sono stanco di vedere qualcuno cercare il nemico all’interno”. Solo i fedelissimi pasdaran come Ruocco e Castelli mentono sapendo di mentire : “Il Movimento non ne risentirà”. In realtà i malumori sono alle stelle e almeno in 10 usciranno dal movimento per protesta.

Ad esempio il deputato @alessiotacconi twitta : “Stesse idee. Stesse battaglie. Solamente, da stasera, fuori da un movimento non democratico.”
Finalmente la contraddizione interna del grillismo esce fuori : come coniugare questi metodi stalinisti , con lo spontaneismo? come conciliare la democrazia diretta, l’uno vale uno con l’autocrazia del capo?
Come conciliare la trasparenza e lotta alla casta che mente e intriga con bugie propagandistiche degne dei tiranni che volevano giustificare i gulag ?

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Nell’immagine “Erotismo anale” di E.Rapa

Secondo Grillo la procedura di espulsione parte da «svariate segnalazioni dal territorio di ragazzi, di attivisti, che ci dicevano che i 4 senatori Battista, Bocchino, Campanella e Orellana si vedevano poco e male». Peccato però che il factchecking attraverso openpolis dimostri che in questi 10 mesi di legislatura i senatori espulsi abbiano lavorato molto di più dei loro colleghi. Secondo i dati di Openpolis, la loro presenza media in aula è dell ‘88,15%. Bocchino (quasi 91% di presenze) è primo firmatario di 2 disegni di legge, 2 mozioni, 29 interrogazioni, e 165 emendamenti. Orellana (85% di presenze) ha al suo attivo 19 interrogazioni, 2 mozioni, 1 ddl, e 96 emendamenti, oltre alle attività nella commissione Affari Esteri e in quella Politiche dell’Unione Europea.
La Taverna invece è presente in aula una volta su due per non parlare di fedelissimi come Alessandro Di Battista: il pupillo di Grillo, ha una presenza in Parlamento di appena il 78,7%. Il tasso di assenza è a livelli record del 17%, vicinissimo alla media degli altri partiti tanto criticati dal Movimento 5 Stelle.
Ieri Grillo ha certificato il reato di lesa maestà, ha decretato influenzando il voto della rete dei suoi seguaci, che chi osa andare contro il pensiero unico, va espulso: evacuato come si fa con le feci. Ora il problema a mio avviso non è lui ma i gregari che non si ribellano, e ancor peggio, citando La Boétie, il pericolo è chi ama esser schiavo anche solo mentalmente di un mito o di un padrone : schiavo volontario. Perché chi difende il pensiero unico, chi appoggia l’espulsione del diverso, chi uccide il dubbio in nome del capo, è più pericoloso del capo stesso perché ne è braccio complice.

INEDITO! “Ricordando nonno Jung e suoi «dintorni»”, Intervista al nipote di JUNG (di Emanuele Casale)

Il nipote di Jung : “Quando lo aprì all’inizio mi resi conto che non potevo farci un granchè con quel libro, perché innanzitutto è scritto in stile gotico ed è molto difficile da leggere, poi non capivo neanche il senso di quello che c’era scritto, era tutto molto strano ciò che riuscivo a leggere, e per questo non mi veniva voglia di continuare, di andare avanti con la lettura.”

Jung Italia

Intervista pubblicata nel n.4 della rivista di psicologia analitica “L’Anima fa Arte” (www.animafaarte.it)
L’intero numero della rivista è scaricabile gratuitamente al seguente indirizzo:
http://www.animafaarte.it/index.php?option=com_content&view=article&id=47&Itemid=27

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“Ricordando nonno Jung e suoi «dintorni»”,
Intervista ad ANDREAS JUNG,
nipote di Carl Jung, psichiatra e psicologo del XX secolo (1875-1961)
(di Emanuele G. Casale)

A.Jung, Emanuele Casale, A... A.Jung, Emanuele Casale, A….

Emanuele:
– Volevo iniziare subito da qualche domanda che riguarda la sua vita soggettiva in relazione a suo nonno Jung. Mi farebbe piacere conoscere invece qualcosa del suo passato, della relazione con suo nonno, qualche aneddoto che lo include di cui porta il ricordo, qualche insegnamento che lui le ha lasciato, durante il suo periodo giovanile…

Andreas:
– Non posso dire tanto perché sono uno degli ultimi nipoti più giovani, per cui non l’ho visto spesso Jung, l’ho visto molto più spesso in ambiti familiari, ma da solo l’ho visto poche volte insomma…
Abbiamo abitato…

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Degno e decenza nello spazio amoroso

badboy

Degno: dal latino DIGNES, stessa radice di De-coro e De-cente.
Chi assume in sé la proprietà della decenza può accedere alla presenza: non è osceno ( fuori dalla scena).
Nella nostra epifania nell’Altro la decenza del nostro essere è strettamente legata alla possibilità, nell’impossibile soverchiante dell’alterità totale dell’esistenza, di avere De-coro.
Questo decorarci è una forma estetica dell’anima, è l’ananke, la necessità di abbellirci dell’eventualità di una presenza. Nelle sue estreme conseguenze il mio esserci dinanzi a te è possibile nella misura in cui io sono decorato dalla mia dignità. Solo in questo caso mi è concesso di essere degno di presenza. Solo in questo senso è decente che io mi mostri.
La dignità concede l’udibilità. Se davvero l’origine del mondo è nella fonè, allora io sono riconoscibile ed udibile se il mio narrato ha una sostanza autonoma, solo se esisto per me stesso e non relato e quindi solo se sono integro e distinto. Questo ci conduce alla seconda possibile radice del verbo DIGNES : DI-CERE (dire ); Do-cere (mostrare). Sono degno di essere udibile per l’altro e nello spazio della relazione quando la mia fonazione è distinguibile dal rumore di fondo, questo emergere dal fondo è possibile nella mia dignità di essere uno, solo allora mi è concessa una narrazione, perché mi storicizzo.
Posso dirmi, se posso essere degno di mostrarmi. E qui subentra il tema della vergogna e della colpa. Perché se io sono nel magma del basso, nell’indifferenziato dell’indegnità, se appunto non sono integro e decente, come posso mostrarmi e dirmi? Come posso denudarmi ed apparire se sono osceno, fuori dalla scena? La scena primaria e rispettabile della rappresentazione amorosa è il teatro elettivo della dignità dell’uomo come essere narrante ed esposto. Non v’è indegnità maggiore di quella di apparire nello spazio terzo della relazione privo di unicità e vivente nel rifiuto. Perché per sua natura l’amore è territorio di rarità ed eccezione ed è accoglimento. È quando sono voluto in quanto accolto che la mia voce non si fa eco ma diventa udibile e condivisibile e persino coro, corona, rotondità della fusione. Ed è lì e solo lì che il mio narrato si fa doppio ed emerge persino la possibilità di non esistere: di perdersi nell’altro e con l’altro nell’estremo riconoscimento. Posso diventare silenzio pregnate , posso restare muto solo dinanzi all’immensità del fare sacro che è l’abdicazione dell’ego in nome della sua ulteriorizzazione. Nel due. E posso ulteriorizzarmi nel silenzio udibile solo se prima ne sono stato degno.
Solo se l’uno ha riconosciuto l’uno e si è creato il terzo.
C’è un momento in cui si tace. Esso è l’istante in cui sopravviene la perdita della ragione in nome dell’emersione della comprensione. La comprensione non è mai detta. È un atto e come ogni atto non ha intenzionalità se non nel momento esatto e forse anche inconscio in cui sopravviene.
L’eccezionale accade per sbaglio. È un regalo fattoci a caso di cui bisogna essere degni. La rarità della dignità prevede la riconoscibilità. Devo potermi riconoscere, essere riconosciuto, poter riconoscere il raro e superare la prova di essere DEGNO di sostenere la rarità.
Se la vergogna di non essere unico , di non essere narrabile perché io stesso non vorrei o potrei udirmi in quanto non esisto, prende il sopravvento, solo boicottare la prova di resistenza alla rararità può darmi sollievo. Perché sono schiacciato dalla colpa dell’insostenibilità e dalla vergogna di non esistere.
Come posso espormi alla dignità di un sentimento e alla condivisione se non ho sostanza ?
Eppure non c’è un’eternità transeunte più immaginabile del momento amoroso.
Eppure non c’è un altro spazio possibile in cui ci sia la sazietà del primo ed ultimo riconoscimento. Nel momento amoroso c’è la madre e il parto, la piccola morte dell’io e lo sconvolgimento dell’esserCi e non essere presenti allo stesso tempo.
C’è quella stessa dipendenza dall’utero partoriente e inglobante. Quella stessa commistione di eros e thanathos. Ed è l’unica possibilità appagante di riscatto dal non esistere. Il suo contrario è disperazione.
È dunque forse nella colpa dell’indegnità che la vergogna di avere una voce indecente è un passaggio obbligato per poter esserci nella cosa amorosa? Questo lo ignoro, ma forse non c’è altro modo di manifestarsi se non quello di correre il rischio di non esserne degni, di non essere degni di riconoscimento.
E accogliere l’oscenità del nostro non essere decorosi è un’azione indissolubilmente legata alla nostra volontà o necessità o alla ineluttabilità della nostra presenza.
L’esistere stesso è esporsi al non essere udibili, l’unica consolazione è la possibilità di concederci quell’atto rischioso di sostenerne la vergogna.

A complemento di questo articolo ho scelto l’immagine di un quadro di Eric Fischl: Bad Boy, del 198. Fischl è un artista americano che racconta una realtà scomoda del sottobosco suburbano. Si è molto addentrato nel tema dell’esposizione e del voyerismo, come in questo quadro, dove ci sembra che un adolescente posi il suo sgardo concupiscente sulla nudità di una prostituta.
Mi sembra che questa immagine possa disturbarci, sia indecorosa. E che questa indecorosità e indegnità dello scoprirsi, del mostrarsi e del guardare in un contesto osceno, rappresenti bene il momento esatto in cui un’anima si svela ad un’altra nella sua ontologica indegnità e vergogna. Nella debolezza e rischiosità del contesto amoroso si rischia spesso di avere tutto da perdere quando ci distendendiamo per mostrarci: si rischia anche che l’altro ci guardi in piedi, senza toccarci. Ma lo svelarsi, se non è un regalarsi non è mai propriamente indecente, è un atto di coraggio.

 

Decidere tutto per non decidere niente. La mobilitazione del pregiudizio ai tempi dei social network

È tuttavia innegabile che il potere sia in mano a élite più o meno mappabili, trasversali, chiamate, attraverso consultazioni elettorali che sono esse stesse il risultato della mobilitazione del pregiudizio, a decidere ciò che potrebbe favorirle o sfavorirle.

Le Palais Du Rire

Facebook_like_thumb Quante facce ha il potere? Che vi sia una faccia visibile e una faccia invisibile, e che questa faccia invisibile sia perfino demoniaca, è un’opzione che pesa sulla politica da quando essa esiste. La faccia visibile è quella che prende le decisioni. La faccia nascosta del potere è invece quella che prende non-decisioni, per rifarci al lessico degli studiosi neo-elitisti statunitensi Peter Bachrach e Morton Baratz. Che cosa sono le non-decisioni? Sono decisioni che sopprimono o inibiscono una sfida (latente o manifesta) nei confronti dei valori e degli interessi dei decisori. La seconda faccia del potere può dunque essere definita come quell’attività volta a far sì che il potere si occupi di questioni inoffensive per le élite dominanti. Sono vari i modi di prendere non-decisioni, ma tutti si servono di quella che è stata definita la mobilitazione del pregiudizio: si mettono in campo valori, credenze, rituali, procedure, al fine di…

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La SCHIZOFRENIA. Aspetti clinici analitici e dimensioni rilevanti. Estratti d’opera di JUNG

Jung Italia

schizofrenia scissione malattia psichiatria

«L’ultima questione è sapere se dal fondo delle tenebre un essere può brillare. »
(Karl Jaspers)

“Lo spirito creativo dell’artista, pur condizionato dall’evolversi di una malattia, è al di là dell’opposizione tra normale e anormale e può essere metaforicamente rappresentato come la perla che nasce dalla malattia della conchiglia: come non si pensa alla malattia della conchiglia ammirandone la perla, così di fronte alla forza vitale dell’opera non pensiamo alla schizofrenia che forse era la condizione della sua nascita.” (Karl Jaspers – da Genio e follia. Strindbergh, Van Gogh, Swedenborg, Hölderlin)

..Così come una perla nasce dal difetto d’una conchiglia, la schizofrenia può far nascere opere incomparabili. E come non si pensa alla malattia della conchiglia ammirandone la perla, così, di fronte alla forza vitale di un’opera, non pensiamo alla schizofrenia che forse era la condizione della sua nascita..
(Jaspers 1922)
«Le cose più desiderabili sono solitamente quelle che non…

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Gli Anarchici di Canosa “adulti miti e tolleranti”

Culture's Blog

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Il termine anarchia ha origini greche e deriva dall’unione del suffisso “a” (usato per indicare una mancanza, una privazione) e “arché”, che significa potere, comando: quindi “senza comando”. Gli anarchici, teorizzavano una società che si autorganizza senza leggi o apparati statali, considerati come uno strumento di imposizione, un’autorità esterna.

Il movimento anarchico ebbe, tra ‘800 e ‘900, una grande diffusione, anche in Italia dove, i vari gruppi formatisi, si unirono nella Federazione Anarchici Italiani (nata a Carrara nel 1945) di cui faceva parte anche l’attivissima associazione di anarchici di Canosa di Puglia.

Pasquale Barbella, ex pubblicitario pugliese, vissuto a Canosa da giovane, ricorda nel suo libro Confessioni di una macchina per scrivere gli anarchici canosini in questa maniera: “tutti portavano rispetto agli anarchici, la vera specialità del luogo (Canosa era la Carrara del Sud). Gli anarchici erano adulti miti e tolleranti spesso sorridenti a dispetto di un curriculum…

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LIVING THEATRE #teatro #sperimentazione #rivoluzione

Albertomassazza's Blog

living theatre Nell’immediato dopoguerra, a New York, Julian Beck e Judith Malina, una coppia di aspiranti artisti poco più che ventenni con qualche migliaia di dollari a disposizione, si erano messi in testa di intraprendere una carriera teatrale. Nonostante gli imput provenienti dagli ambienti dell’avanguardia newyorkese gravitanti attorno alla figura di John Cage, i due giovani non intendevano creare un teatro sperimentale, quanto intraprendere un percorso tradizionale che avrebbe dovuto avere, come sbocco naturale, Broadway. Ben presto, la coppia si rese conto delle difficoltà di una simile impresa, tra burocrazia da rispettare e necessità di crearsi un pubblico, senza esperienza e preparazione adeguate. Così, decisero di riporre le ambizioni ufficiali, per rivolgersi alla ricerca di forme teatrali innovative. Sempre alle prese con le autorità preposte al rispetto delle rigorose norme di sicurezza dei locali adibiti allo spettacolo e per questo costretti a cambiare sovente la sede, i due, ormai divenuti Living Theatre…

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