Angoscia di morte, faide sui social e Pandemia

In questi due anni di pandemia da Covid 19 la nostra società si è divisa, ha litigato ferocemente e ha iniziato ad odiarsi. Le principali ” fazioni” sui social, così come nella vita di tutti giorni sono ” aperturisti” vs ” chiusuristi”, Pro vax contro No vax , responsabili vs irresponsabili , ma infondo quello che ci insegna la psicologia e quello che mi ha insegnato la mia esperienza personale è che davanti ad un trauma così potente e pervasivo, che coinvolge la nostra stessa sopravvivenza e ci riguarda fin le più profonde radici del soma, siamo tutti uguali. Ora inorridiranno i bravi cittadini vaccinati ( come d’altronde sono io ) e gli stessi NoVAX: ” ma cosa dice? come posso essere messo sullo stesso piano di chi nega la scienza?” oppure : ” ma come si permette ad equipararmi a chi sta sterminando con un siero sperimentale la popolazione?”. Avete ragione, le nostre posizioni coscienti, i nostri metodi di coping, il modo in cui ci difendiamo, è del tutto diverso. Ma c’è qualcosa di molto più profondo che ci riguarda tutti, scienziati, panettieri, artigiani, studenti, bambini, madri, avvocati, laureati o analfabeti: TUTTI ABBIAMO PAURA DELLA MORTE. E quando arriva un trauma che ci ricorda che siamo tremendamente mortali, in ognuno di noi, si riattiva una paura atavica e connaturata alla nostra specie: la paura della morte, della dissoluzione e scattano i meccanismi di difesa o schemi motivazionali: in qualche modo cerchiamo strategia per sopravvivere. Se fin qui siamo tutti d’accordo, se persino il più negazionista chiude un occhio e nel suo cuore sa, di negare un pericolo perché ne ha terribilmente paura, allora possiamo andare avanti. Il simbolo qui sotto si chiama Uroboro, il serpente che si mangia la coda. un simbolo a differenza di un segno ( tipo la segnaletica stradale), non è uguale per tutti ma ha un messaggio universale. L’uroboro è, detta in modo molto semplificato; l’origine di tutto, il grembo che ci conteneva, l’utero protettivo dove tutti gli opposti sono indifferenziati, la cellula primordiale dove dormivamo beati, non scissi, indifferenziati, placidi, protetti. Ed è proprio in quell’utero compensatorio e protettivo in cui vorremmo rientrare ogni volta che arriva una difficoltà. Ma l’uroboro, come tutti i simboli archetipici ha due poli opposti. Queste polarità ci danno l’indicazione di come trovare un equilibrio. Il grande cerchio simboleggia una centratura ma anche il pericoloso rintanarsi sotto le gonne della mamma, l’introversione patologica. Quello che rischiamo psicologicamente è di regredire all’indifferenziato, all’arcaico e irrigidirci. Il serpente però è anche simbolo di cura ( vedi il caduceo di Esculapio ), quindi un introversione periodica può essere sana, quando riunisce gli opposti. Che significa? che davanti ad un trauma forte la psiche tende a scindersi, il dolore è troppo grande e allora proiettiamo le nostre angosce su un gruppo, un nemico, al di fuori di noi. In questo modo però, non stiamo lenendo una paura ma la stiamo imbottendo di Xanax. L’eroe che nelle fiabe e miti affronta il drago, il serpente malvagio, ciò il mostro che ne blocca lo sviluppo, esce dall’utero, dalla sicurezza della terra madre e del suo paese, per affrontare la sua paura. Allora, dopo averla guardata in faccia, può reintegrare le sue parti scisse. Restare ancorati alle proiezioni, odiare l’altro, negare la paura, rintanarsi in casa, leggere H24 le notizie, così come far finta di nulla, non cambierà la realtà. Abbiamo uno scopo ed è cercare il più possibile di auto osservarci, fermando l’azione e guardandoci dall’alto. Come stiamo reagendo? quanto stiamo odiando? perché? Come possiamo rendere meno rigido il nostro atteggiamento? Riusciamo ad ammettere almeno a noi stessi, senza vergogna, di aver paura?

Uroboro immagine presa da Stream DSTM

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