Cosa significa crescere, diventare adulti? Per alcuni sviluppare la propria personalità e realizzarla nel mondo, con tutte le sue difficoltà e scogli da superare; per altri perdere un magico mondo autarchico in cui si è onnipotenti, in cui esistono fate e sirene. Per alcuni crescere, significa perdere la totipotenzialità adolescenziale, quella sensazione inebriante di invincibilità, di negazione del principio di realtà, di autorevolezza e, in fin dei conti, di negazione della morte.
Ognuno di noi sa benissimo quanto sia difficile passare dallo stato di adolescenti e bambini a quello di adulti, e quanto questo momento sia segnato dalla ribellione.PUBBLICITÀ
Ribellarsi è giusto? Certo che lo è, ed è anche inevitabile e sano. Come possiamo diventare noi stessi se prima non uccidiamo metaforicamente i nostri genitori? Il problema sorge quando questo processo sano di ribellione si irrigidisce e dalla sana ribellione verso l’ottusità dell’autorità, ci si incancrenisce nel disprezzo cinico e regressivo nei confronti di tutto ciò che è invece, autorevole.
Tra autorevolezza e autorità c’è infatti una bella differenza: se spesso l’autorità si impone in modo rigido e violento, l’autorevolezza invece viene riconosciuta senza imposizioni. Questo processo quindi dipende molto dal tipo di genitori che abbiamo avuto. Se abbiamo subito genitori autoritari, il nostro adolescente interiore rischia di rimanere intrappolato in una risposta autodistruttiva che può portarci a diventare cinici, bulli, violenti, non fecondi.
Una ribellione, una insurrezione può avere un profondo senso psichico quando diventa nutriente, feconda, quando alla distruzione delle vecchie norme stantie, subentra la creazione. Non a caso la grande Emma Goldman diceva: “Se non posso ballare, non è la mia rivoluzione”.
Cosa c’entra tutto questo con lacerazione della nostra società e con la politica?
A oggi un po’ ovunque in Occidente, abbiamo due schieramenti principali: politici che usano una comunicazione da Bullo (Trump, Orban, Salvini, Grillo) i così chiamati Populisti o sovranisti e altri che vengono identificati nell’establishment.
I primi, quelli che io credo aderiscano all’archetipo del Bullo, cioè un Peter Pan irrigidito nel cinismo e rabbia contro i padri, riversano attraverso la loro propaganda nei social la loro personalissima “Isola che non c’è”: una tale quantità di rabbia non elaborata, di gogna verso i nemici e cinismo, da inflazionare l’inconscio collettivo, irrigidire le rappresentazioni sociali e diffondere un clima molto poco sano nel dibattito pubblico.
Quando viene risvegliato al livello sociale l’archetipo di Peter Pan, non significa solamente che tutta la società non vuole invecchiare, nega la morte, l’impegno e sogna di vivere in un’eterno godimento infantile. C’è un lato ancora più distruttivo dell’archetipo che è quello di sfociare in vendetta verso i padri cattivi, odio, cinismo come risposta al tradimento dei genitori che non sono stati capaci di dare sicurezza e accoglimento.
Ci si sclerotizza nell’archetipo del bullo, tanto più si hanno avuto genitori distanti e autoritari, genitori e specialmente padri che hanno fallito nel far sentire i figli protetti, al sicuro (notare quanto l’ossessione di Trump e Salvini sia la sicurezza).
Questo non vuol dire che Trump o Salvini, con i loro insulti, con il loro inveire e additare i nemici, con il loro metterli alla gogna, siano malati: semplicemente la loro leadership risponde a una profonda mancanza, a una profonda sofferenza che c’è nella nostra società.
Jung scriveva del nazismo che rappresentò la patologia di una intera nazione, ma gli psichiatri che a Norimberga visitarono e sottoposero a test i gerarchi nazisti, non rilevarono alcuna patologia personale, anzi QI superiori alla media. Quindi non ci illudiamo: i messaggi da bulli e di odio o di persuasione possono sembrare stupidi, infantili ma dietro c’è una precisa strategia e la conoscenza di un target da colpire, la consapevolezza che con certe determinate affermazioni, si provoca piacere e soddisfazione in una fetta di popolazione, la si istiga allo sfogo immediato e non filtrato, della rabbia sociale.
Salvini e Trump non sono che il sintomo di una grossa parte della società che chiede vendetta ed è arrabbiata contro Capitan Uncino che non è altro che la vecchia classe dirigente, rea di averla tradita. Se è vero che l’1% dei ricchi detiene più del 50% della ricchezza mondiale, che le diseguaglianze martoriano le nostre nazioni, che c’è un gap pazzesco tra periferie, zone rurali e centro delle città, se è vero che piena occupazione non vuoi dire equa distribuzione della ricchezza, se è vero che c’è stata corruzione, distanza dal popolo, mancanza dia ascolto (vedi recente rapporto del CISE), allora ci rendiamo immediatamente conto come il problema non è Salvini, non è Trump che danno volgarmente voce a questa rabbia, ma che una sofferenza non è stata ascolta e che la famosa ” gente” si è sentita tradita.
Come reagite voi ad un tradimento? Non siamo ipocriti: molti di noi arrivano a diventare violenti, aggressivi, a usare parolacce. Molti di noi additano l’amante e lo mettono alla berlina, e odiano il traditore. È umano. Ciò che non è sano però è che non ci sia elaborazione, che il bullismo sia diventato oramai fenomeno nazionale e che sul web e anche fuori oramai si sia sdoganato il bullismo contro chiunque sia diverso.
Ciò che non è sano e non è neppure umano, è scrivere o urlare “sporco negro” a qualcuno, o “troia” a qualunque donna osi criticare il proprio leader. Anche Lucignolo e Peter Pan avevano la loro banda, ricordate i bambini sperduti? Se gli togliete l’aura fiabesca, essi si trasformano in spietati bulli pronti a malmenare il più debole.
C’è una bella differenza tra il continuare a saper sognare, tra il mantenere viva la nostra parte fanciullesca, quella capace di andare contro gli schemi e la bieca autorità e lo scivolare nell’appartenenza ad una gang violenta. Questa scelta paranoide di diventare fan più che sostenitori politici, la dice lunga su ciò che questo stile di leadership da Bullo. La ricerca della perfezione, le prove di devozione, i giuramenti su magici contratti, l’odio per chiunque sia diverso, la strafottenza, le risposte da bullo, l’arroganza, lo scagliarsi su chi è più debole cosa sono?
Quando un gruppo di bambini trova un cucciolo di gattino e invece di nutrirlo, lo martoria, quando identificano nel bambino più debole una vittima, e nel più arrogante e violento il leader, non stanno facendo altro che scagliarsi con ferocia contro tutto ciò che più gli fa paura: la debolezza. Bullizzare vuol dire tradire il proprio senso di inferiorità vissuto come insostenibile e quindi proiettato all’esterno. Picchiare o insultare il diverso o chi non la pensa come noi tradisce la nostra insicurezza.
A cosa dovrebbe servire questa analisi? A capire che la nostra società ha una profonda sofferenza che viene incarnata nella venerazione di leader bulli e cinici che permettono a troppi di sfogare frustrazioni e rabbia non contro un sistema iniquo ma attraverso l’immediato godimento della ruspa.
La ruspa, simbolo magico regressivo dello sfogo, del buttar tutto ciò, del togliere via lo sporco. Quando non si ha il coraggio di guardare allo sporco che c’è dentro di noi. Chi, all’opposizione crede che la risposta sia altrettanto disprezzo per le masse ignoranti e arrabbiate, non solo tradisce il suo disprezzo e quindi paura della povertà e sofferenza sociale, ma li alimenta, colpevolmente.