La simbologia dei numeri per i Templari e la Cabala

SIMBOLOGIA DEL NUMERO NEI TEMPLARI
Quando abbiamo iniziato a studiare questo argomento, eravamo certi che il gruppo che diede origine all’ Ordine dei Templari fosse composto da cristiani molto pii, ma digiuni di altre religioni. Approfondendo i nostri studi, ci siamo resi conto che in realta’ le cose si presentavano in modo diverso.
Stefano Hardig, Abate del monastero cistercense di Cîteaux, era un esperto in ebraistica e il suo Monastero era un centro di studi ebraici cui collaboravano rabbini molto esperti. Sembra certo, inoltre, che Ugo di Champagne fosse amico dell’ Abate! Alcuni suggeriscono, addirittura, che Ugo di Champagne e S. Bernardo fossero tra gli “ideatori” dell’ Ordine Templare. Certi sono, comunque, i collegamenti tra i primi Templari, San Bernardo, i Monaci cistercensi da un lato e dall’ altro il bisogno, da parte di molti cristiani, di ritornare alle origini del cristianesimo.
Nel leggere il libro di J. de Vitry ci sorse il sospetto che l’ autore volesse indicarci che i Templari usassero, fin dall’ inizio, alcuni simboli numerici della Kabala.
Sempre studiando il libro di Vitry, notammo che il numero che appare con piu’ frequenza e’ il 9, seguito dal 2, dal 3 e dal 12, non citato espressamente ma dato come somma delle cifre che compongono l’ anno 1128 (1+1+2+8 = 12). Nella Kabala il 12 va scomposto in 1 e 2, cifre che poi vanno sommate per dare un numero con una sola cifra. Il 12 si trasforma in 3: infatti
1+2 = 3. Confessiamo che avevamo pensato, all’ inizio, che il presentarsi il 9 cosi’ spesso fosse una invenzione di Jacques de Vitry, destinata ad enfatizzare la religiosita’ cristiana del gruppo, dato che il 9 viene considerato un 3 potenziato (3X3).
Pero’ e’ pur vero che, nel cristianesimo, il 9 viene considerato, per quanto ci risulta, meno importante del 3.

L’ IMPORTANZA DEL NUMEROcsjjm,iooo
Quando parliamo, ogni nostra parola, letterale o numerica che sia, produce un suono cioe’ una onda sonora caratteristica, particolare e individuale: una vibrazione. Questa vibrazione genera energia.
Il primo a dare importanza ai numeri sotto questo aspetto fu Pitagora. Fu a partire da lui che la “vibrazione” fu associata ai numeri.
Cooper dice che per i Pitagorici era di importanza fondamentale il principio numerico perche’ da questo, secondo costoro, procedeva la totalita’ del mondo oggettivo. Essi affermavano che tutto e’ disposto secondo la legge dei numeri. Per loro, era il Numero l’ origine di tutte le cose e dell’ armonia che regge l’ Universo. [ 1 ]
Dal Numero procede la Numerologia che fu considerata Scienza occulta, nel senso che non era alla portata di tutti.
Atienz afferma che la Numerologia ci offre alcune chiavi che indichino, a chi sappia leggerle, come realizzarci in un concetto divino e superiore nell’ armonia dell’ Universo. [ 2 ]

LA KABALA
Questa e’ una parola (KBL) di origine caldea, ripresa dagli arabi, e ricavata dal libro di Daniele (II,8). Essa significa “Tradizione”, “Rivelazione”. E’ una dottrina iniziatica trasmessa prima oralmente e poi, per scritto, in diversi trattati. I piu’ importante sono Yesifrah (Libro della Creazione) e Zohar (Libro dello Splendore), opera esoterica scritta nel II sec. da Simeone Ben Yochai.
La Kabala e’ il testo che contiene i fondamenti del simbolismo dei numeri e delle lettere (Kabala numerica e alfabetica). Le parole sono un insieme di lettere; nell’ alfabeto ebraico, ogni lettera possiede un valore numerico. Le lettere sono quindi trasformate in numeri le cui cifre vengono sommate per dare, come risultato, un numero con una unica cifra.
Attraverso essa gli iniziati possono comprendere il messaggio occulto delle parole e, di conseguenza, avvicinarsi alla conoscenza di Dio attraverso le emanazioni della sua Luce, chiamate Sephirot (al singolare: Sephirah). La Kabala conterrebbe la dottrina segreta della tradizione ebraica, dalla quale si genero’ la dottrina cristiana.
Le sephirot sono 10 come i primi Templari, includendo Ugo di Champagne. Prima coincidenza!
La prima Sephirah e’ il numero 1. In questo numero sono nascosti gli altri 9. Rappresenta il grande e immutabile Padre del Tutto: Dio. E’ un numero considerato immutabile. E’ sommabile ad altri numeri, dando origine ad una serie numerica. L’ 1 puo’ essere duplicato dando origine alla “riflessione di se stesso” e al numero 2. Il numero 1 da’ inizio ad una “vibrazione”: vibra dall’ immutabilita’ alla definizione e all’ immutabilita’ ritorna. E’ considerato il padre di tutti i numeri e quindi di tutte le cose.
Il nome divino dato alla prima Sephirah e’ il “Nome del Padre” (Esodo III,4): AHIH, Eheieh: IO SONO. Cioe’ ESISTO o ESISTENZA.
La seconda Sephirah rappresenta la SAGGEZZA. E’ il Padre al quale si unisce la Madre, che e’ il numero 3. Questa Sephirah e’ rappresentata dai nomi divini IH, Yah, IHVH cioe’ Yahveh. Vi ricorda nulla questo nome?
La terza Sephirah e’ la Triade. E’ detta l’ INTELLIGENZA (N.d.R.: intesa come COMPRENSIONE). Questa Sephirah completa la Trinita’ ed essendo la Madre questa, congiungendosi con il Padre, mantiene l’ ordine dell’ universo.
Poiche’ la nostra non vuole essere una trattazione sulla Kabala, passiamo direttamente al numero 9.
Questa Sephirah e’ il Fondamento, rappresentato dal Potente Vivente, ovvero DIO VIVENTE.
La decima e’ chiamata Malkuth, cioe’ la VIA DEL REGNO! Ma anche rappresenta il Nome Divino ADNI, Adonai.
L’ insieme delle 10 Sephirot rappresenta l’ UOMO CELESTE.

IL NUMERO NEL CRISTIANESIMO MEDIOEVALE
Ora diamo uno sguardo al Cristianesimo.
Durante il Medioevo, solo i Monaci o i Religiosi in generale, a parte rare eccezioni, erano in grado di leggere e scrivere. Era pertanto necessario, se non indispensabile, trasmettere agli analfabeti, in pratica a quasi tutta la popolazione europea cristiana, le informazioni religiose attraverso simboli, siano essi stati numeri o immagini. Ognuno di questi aveva un significato preciso e raccoglieva interi concetti filosofici e religiosi.
Basta ricordare come e’ semplice, per un credente, rivivere la Passione di Cristo solo osservando le “Stazioni della Via Crucis”, esposte alla vista dei fedeli all’ interno di ogni Chiesa cattolica. O piu’ profanamente, e’ sufficiente ricordare come gli ascoltatori fossero facilmente in grado di memorizzare e ricordare, anche a distanza di tempo, quanto raccontato loro dai cantastorie siciliani, e riviverlo attraverso la visione dei loro disegni.
Nel Medioevo, fu quasi obbligo, proprio per la quasi totale analfabetizzazione dei fedeli, usare simboli.
Anche i Numeri erano parte della Simbologia cristiana in quanto, attraverso questi, si era in grado di trasmettere i concetti fondamentali della nostra Religione senza che il fedele, al quale erano indirizzati, avesse bisogno di saper leggere.
Nei primi periodi del Cristianesimo non fu data molta importanza al simbolismo numerico finche’ non si arrivo’ a S. Agostino e ai Saggi alessandrini.
Cooper ricorda che per il Santo filosofo, il Numero e’ l’ Archetipo dell’ Assoluto. Anche Aristotele si interesso’ al Numero: egli affermo’ che il Numero e’ l’ origine e sostanza di tutte le cose. [ 3 ]
E Aristotele fu una pietra miliare nella dottrina cristiana medioevale!

IL NUMERO NEI TEMPLARIDue delle piu’ antiche fonti ufficiali che parlano di questo Ordine si debbono a due autori medioevali:
Guglielmo di Tiro e Jacques de Vitry.
Bordonove dice che Guglielmo di Tiro nacque intorno al 1130 e morí dopo il 1184. Fu Arcivescovo di Tiro e Cancelliere del Regno di Gerusalemme. [ 4 ]
Di lui si sa che ebbe in forte antipatia i Templari.
Nell’ introduzione al libro di Vitry da noi consultato si afferma che di lui non sono noti ne’ il suo luogo ne’ la sua data di nascita, probabilmente avvenuti intorno al 1170, nei pressi di Parigi. [ 5 ]
Sappiamo che morí nel 1244. Fu Canonico nel Monastero di Oignies (presso Liegi). Fu inviato dal Papa Innocenzo III a predicare la Crociata contro gli Albigesi e, poi, si trasferí ad Acri, con la carica di Vescovo della Citta’. [ 6 ]
Di lui si ipotizza una buona amicizia con i Templari.
Poiche’ i due autori suddetti riferirono fatti avvenuti tra circa 50 e 100 anni prima, e’ evidente che costoro raccontarono fatti non vissuti in prima persona ma riferiti da altri. Da qui ragionevoli dubbi su eventuali manipolazioni, piu’ o meno volute. E’ piu’ che provato che, passando le notizie di mano in mano e da bocca in bocca, molte informazioni si perdano o, in buona fede, vengano distorte. E’ cosi’ che nascono leggende e informazioni inesatte che poi, con il passare del tempo, vengono accettate come verita’. Sempre dando per scontata la buona fede del Cronista!
Pur essendo i Templari fortemente e cristianamente religiosi, non va sottovalutata, anzi deve essere considerata con molta attenzione, l’ influenza kabalistica nel loro simbolismo.
Juan Atienza conforta la nostra opinione con quanto dice nel suo libro “La meta secreta del los Templarios”:
“Hay varios indicios que pueden llevar a la sospecha fundada de que los Templarios bebieron en fuentes cabalisticas y de que, en más de un aspecto, expresaron este conocimiento en símbolos adoptados por ellos”. [ 7 ]
Questa e’ la nostra fedele traduzione in Italiano:
“Ci sono vari indizi che possono portare a sospettare fondatamente che i Templari bevvero in fonti kabalistiche e che, in piu’ di un aspetto, espressero questa conoscenza in simboli da loro adottati”.
Pur essendo avvolti nel mistero sia il numero iniziale dei componenti, sia la data reale nella quale si aggregarono quel gruppo di Cavalieri che diedero origine all’ Ordine Monastico-Cavalleresco detto ORDINE DEI POVERI CAVALIERI DI CRISTO E DEL TEMPIO DI SALOMONE (in breve ORDINE DEI TEMPLARI), nel consultare piu’ fonti e studi notiamo che alcuni NUMERI si ripetono con frequenza.
Piu’ sopra avevamo detto che, studiando il libro di Vitry, avevamo notato che il numero citato con piu’ frequenza e’ il 9, seguito dal 2, dal 3 e dal 12, non citato espressamente ma dato come somma delle cifre che compongono l’ anno 1128 (1+1+2+8 = 12). Nella Kabala il 12 si deve scomporre in 1 e 2 e sommare le due cifre. Il 12 ritorna 3 (1+2 = 3). [ 8]
Leggendo J. de Vitry tra le righe, sembrerebbe che utilizzando quei numeri, questi volesse trasmetterci le simbologie kabalistiche dei Templari. All’ epoca, i Templari ancora erano in Terra Santa.
Consultando, inoltre, l’ opera di Burman, notiamo che i numeri riscontrati sono il 9 (il piu’ usato), e a seguire il 12, il 10, il 3 e l’ 1. [ 9 ]

IL 3
Il 3 e’ un numero fondamentale nella simbologia cristiana, tanto che e’ a lui che viene dato il massimo valore (il 3 rappresenta la Trinita’).
Secondo la Bruce-Mitford, il Numero 3 ha un significato simbolico universale. E’ il Numero sacro per la maggior parte delle Religioni. Riunisce la Nascita, l’ Esistenza e la Morte; la Mente, il Corpo e l’ Anima; il Passato, il Presente e il Futuro. Nella nostra religione, il 3 rappresenta Dio diviso in tre parti: Padre, Figlio e Spirito Santo. [ 10 ]
Il 3 rappresenta l’ anima, mentre il 4 rappresenta il corpo. Tre furono i regali dei 3 Re Magi a Cristo (oro, incenso e mirra), come simbolo delle sue due nature (divina e umana) e del suo sacrificio.
Tre furono le tentazioni e le negazioni di Pietro. Tre le Croci nel Calvario. Dopo 3 giorni il Cristo apparve dopo la sua morte. Tre le Marie. Tre le virtu’ teologali: fede, speranza e carita’.
Avonto ci ricorda che, nella Teologia cristiana, veniva ricordata la coesistenza dell’ UNO e TRINO anche nella geografia terrestre. Infatti esisteva un solo Mondo terreno (l’ 1) che ammetteva, come unica dimora dell’ Uomo, l’ Orbis Terrarum diviso in tre parti (il 3): Europa, Asia, Africa. Nell’ iconografia cristiana, ogni Re Mago rappresentava ognuna delle tre parti della Terra. L’ intera Umanita’, rappresentata dai Tre Re Magi provenienti dalle tre parti che costituivano l’ Orbis Terrarum, doveva adorare Cristo. [ 11 ]
Riportiamo, inoltre, integralmente quanto leggiamo in Rojas Mix, 1992: 37.
“Il Mondo abitato, fino ad allora diviso in tre parti (NdR: cioe’ fino alla Scoperta dell’ America), simboleggiava la perfezione e santita’. Il numero 3, sacro, era la piu’ alta verita’ della Rivelazione: la Trinita’. E se Dio esisteva come Trinita’, bisognava supporre che anche nelle sue creature si dovesse manifestare la configurazione ternaria. Il terzo giorno Cristo risorge […], tre erano i Re Magi, tre i figli di Noe’, tre gli angeli che visitarono Abramo. Tre erano i mari e dodici i venti: quattro volte tre. E nella Geografia, questa rappresentazione ternaria confermava il mistero dell’ Uno e Trino, perche’ la Terra era rappresentata secondo una duplice struttura simbolica: circolare e trina. E’ sufficiente osservare le cosidette carte T.O. per averne conferma. I tre continenti e i tre mari chiusi nel cerchio, nel Tutto, formano una croce. L’ Antico Testamento, la Genesi, si unisce al Vangelo nella simbologia della Trinita’ e della Croce.” [ 12 ]
Il 3 compare anche per i luoghi sacri. Infatti Gerusalemme, Roma e Santiago de Compostela furono “scelti” come Axis Mundi, dove si uniscono il Cielo e la Terra. Questi tre centri costituivano la rappresentazione simbolica del potere universale della Chiesa. Infatti le reliquie piu’ preziose del Cristianesimo erano a Gerusalemme (il corpo di Cristo), a Roma (il corpo di Pietro) e a Santiago de Compostela (il corpo dell’ Apostolo Giacomo). [ 13 ]
Nella struttura della societa’ medioevale, il 3 e’ presente anche nella vita sociale. Le classi, infatti, erano tre: gli “oratores” (coloro che pregano), i “bellatores” (i guerrieri), i “laboratores” (i lavoratori). [ 14 ]
Nella religione ebraica, dalla quale proviene il Cristianesimo, questo numero rappresenta la luce illimitata, l’ intelligenza santificatrice. Nella Kabala, il 3 rappresenta l’ Intendimento (inteso come Comprensione). [ 15 ]
Vitry specifico’ chiaramente che i Templari accettarono di vivere in obbedienza, poverta’ e castita’ secondo le regole monastiche. [ 16 ]
Si ripete il 3 nei tre voti. Vitry solo in quella occasione uso’ il concetto del tre, pur ribadendo chiaramente la religiosita’ dei Cavalieri, mentre ha calcato piu’ sul numero 9. Quasi volesse dire che loro erano o conoscevano il FONDAMENTO DEL MONDO?
Dobbiamo ricordare, per la verita’, che anche il 3 era importante nella simbologia templare.
Infatti 3 erano i cavalli che il Cavaliere templare aveva a sua disposizione.
[ 17 ]
Inoltre erano 3 i nemici che il Cavaliere poteva affrontare senza essere tacciato di vigliaccheria. Soltanto se gli avversari fossero stati quattro o piu’ volte superiori gli era concesso di lasciare il campo senza ignominia!
La Barahona ci dice che nel 1139, con la Bolla papale “Omne datum optimum”, fu concesso ai Cavalieri di avere tra loro dei propri sacerdoti per i necessari uffici liturgici. [ 18 ]
Fino ad allora, infatti, la suddivisione all’ interno dell’ Ordine era binaria: Cavalieri e Sergenti. Con questa Bolla il 2 passo’ al 3.
Nel libro di Vitry il 3 lo ritroviamo come 12 che, appunto, numerologicamente si trasforma in 3 (12 si scompone in 1+2 = 3) e come tale dovremo intenderlo.
Per quanto riguarda i Templari, dal punto di vista kabalistico, ricordiamo che il 12 va interpretato come 3. Infatti 1+2 = 3. Ritroviamo il 12 (o 3) come somma delle cifre che compongono l’ anno in cui ricevettero la REGOLA: 1128. Infatti 1+1+2+8 = 12. [ 19 ]
Nel libro di Burman incontriamo il numero 12 citato diverse volte. Vengono ripetute la ipotetica data della “fondazione” del gruppo (1119; 1+1+1+9 = 12 ovvero 3), e viene ripetuta la data del Concilio di Troyes in cui fu sancita la Regola (1128; 1+1+2+8 = 12 ovvero 3). [ 20 ]
E’ interessante notare che sempre nel 1128 (si ripete il 12 o 3) fu costruito il primo Tempio templare a Londra. Inoltre la prima cessione fatta ufficilmente ai Templari in Inghilterra avvenne ad opera di Matilde, regina d’ Inghilterra e nipote di Baldovino I di Gerusalemme (N.d.R.: quando si dice “le coincidenze”), nell’ anno 1137 (1+1+3+7 = 12 ovvero 3). [ 21 ]
Inoltre la Casa-Madre dei Templari a Parigi, fu un edificio concesso loro dal Re Luigi VI per intercessione diretta di San Bernardo di Clairvaux, nel 1137. [ 22 ]
Ancora il 12: il 1137 diviso in cifre e sommato da 12! 1+1+3+7 = 12 ovvero 3.
Se a voi sembrano coincidenze…
Nel corso del tempo, fu definita la struttura territoriale templare. I territori furono suddivisi in Province: in Occidente erano 12 e in Oriente 3 (Gerusalemme, Tripoli, Antiochia). [ 23 ]
Ricordiamo fino alla noia che il 12, nella numerologia, si riporta al 3 e non e’ un caso, forse, che le 12 provincie si riportino al numero 3 come le 3 Province d’ Oriente.

IL 9
Il numero 9, come piu’ volte ripetuto, compare molte volte nell’ opera di Vitry: 9 furono i Cavalieri che diedero origine al primo gruppo dei futuri Monaci. 9 furono gli anni che passarono da quando costoro si posero al servizio della FEDE fino al loro riconoscimento ufficiale. 9 furono gli anni durante i quali furono ospitati da Baldovino prima che fosse riconosciuto l’ Ordine. [ 24 ]
In Burman leggiamo che 9 furono gli uomini che iniziarono la missione. 9 furono gli anni durante i quali prestarono servizio con abiti secolari. Il 9 si presenta come somma delle cifre 1125 (1+1+2+5 = 9), anno in cui Ugo di Champagne, probabile ispiratore dell’ Ordine, si uni’ ai 9 Cavalieri. [ 25 ]
Noi siamo convinti che il 1125 non fu una data scelta casualmente. Se sommiamo, appunto, le cifre che costituiscono il numero dell’ anno 1125 otteniamo 9. E’ plausibile che furono i Cavalieri stessi a scegliere quell’ anno per dare una forte sacralita’ al completamento della loro opera iniziata anni prima. Va osservato che, mentre non si conosce la data precisa in cui si formo’ questo gruppo di coraggiosi (probabilmente il 1119 = 12 = 3), e’ invece nota la data nella quale Ugo di Champagne si riuni’ ai 9 (1125 = 9) ed e’ parimenti nota la data ufficiale del riconoscimento del loro Ordine (1128 = 12 = 3). Vorremmo far notare che le prime due date certe danno come somma 9 e 3. Sia il 9 che il 3 sono simboli cristiani, ma anche kabalistici. Il 3 e’, nella Kabala, e’ la Conoscenza. Sorge spontanea la domanda: Conoscenza di cosa ?
Ripetiamo che il 9, nella Kabala, rappresenta il FONDAMENTO DEL MONDO. Forse loro si ritenevano il FONDAMENTO di un nuovo mondo cristiano?
Va altresi’ sottolineato che il 9, relativo al numero iniziale dei Cavalieri, non fu un Numero scelto a caso, dato che fonti diverse ma autorevoli citano un numero diverso di Cavalieri come fondatori del gruppo e non si citano date relative all’ anno di fondazione.
Infatti, in Burman leggiamo che Michele Siriano, Patriarca della Chiesa Siriaca di Antiochia, nella sua cronaca intitolata “Histoire des Phrer frances” affermo’ che i cavalieri guidati da Ugo de Payns erano 30 e si fermarono 3 anni (N.d.R.: e non 9) con Baldovino. [ 26 ]
Riteniamo che il 9 non fu un numero usato da Vitry per esaltare la cristianita’ dei Milites Christi quanto, a nostro parere, il numero chiave dell’ Ordine da loro a lui ritrasmesso.
La Barahona riporta integralmente, nel suo libro, la Regola dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone, stilata da San Bernardo. Ebbene, e’ composta da 72 capitoli, ovvero 7+2=9! [ 27 ]
Altra “coincidenza”: fu nel 1161 (1+1+6+1 = 9) che il centro amministrativo dell’ Ordine in Inghilterra si sposto’ da Chancery Lane al Tempio Nuovo, tra Fleet street e il Tamigi. [ 28 ]
Il 9 lo ritroviamo anche in altre occasioni e in tempi successivi.
Quando la struttura gerarchica dell’ Ordine era gia’ ben consolidata e definita (parliamo del secolo XIII), lo Stato Maggiore dell’ Esercito templare in Terra Santa era costituito da 9 Cavalieri, compreso il Gran Maestro. [ 29 ]
Il 9, in generale, e’ un Numero sacro: il 3 moltiplicato per se stesso (3 X 3 da’ appunto 9) completa l’ eternita’. [ 30 ]
Cooper dice che il 9 rappresenta la triplice Triade, la soddisfazione spirituale, il conseguimento dell’ obbiettivo, principio e fine, il Tutto, numero celestiale e angelico, il Paradiso terrestre. Nella Religione ebraica, in particolare, il 9 rappresenta l’ intelletto puro. Il suo riprodursi per se stesso, attraverso la moltiplicazione, e’ il simbolo della verita’. Nel Cristianesimo in realta’ non vediamo comparire molto il 9: esistono le triplici triadi di cori angelici e i nove anelli dell’ Inferno. [ 31 ]

IL 12
Il 12 non e’ contemplato nella Kabala. Lo riportiamo perche’ non dobbiamo dimenticare la Cristianita’ dei Templari. Kabalisti e Cristiani nello stesso tempo! Ovvero dei Cristiani iniziati ad un Sapere sconosciuto ai piu’!
Il 12 e’ quattro volte 3 (4X3) e rappresenta l’ ordine terreno e spirituale.
12 furono le tribu’ di Israele e 12 i discepoli di Gesu’. [ 32 ]
In Cooper leggiamo che per gli Ebrei, l’ Albero della Vita possiede 12 frutti e 12 sono le porte della Citta’ Celeste. 12 sono i pani presenti sulla tavola del Tempio a rappresentare i 12 mesi dell’ anno. 12 erano le pietre preziose presenti sul petto di Aronne. 12 le tribu’ di Israele. 12 i figli di Giacobbe. Per i Cristiani erano 12 i discepoli di Gesu’, i frutti dello spirito e i giorni della Nativita’. [ 33 ]
E’ il caso di ricordare che i Templari erano Cavalieri (coloro che indossavano l’ abito bianco!) e come non fare attenzione ad altre coincidenze:
Re Artu’ aveva accanto a se 12 cavalieri nella Tavola Rotonda e Carlo Magno era aiutato da 12 Pari. [ 34 ]

IL 10
Il 10 non fu un numero qualsiasi nella simbologia templare. Lo ritroviamo quando leggiamo che nel 1125 Ugo di Champagne si uni’ ai 9 Cavalieri iniziali (1+9 = 10).
Bordonove ricorda che erano 10 i Cavalieri scelti che avevano il compito di proteggere il Gran Maestro in battaglia. [ 35 ]
Siamo sempre piu’ convinti che i Templari si rifacessero alla Kabala e alla Bibbia. Infatti il 10 e’ un numero importante nella Bibbia. Lo si ripete molte volte, leggendo la Bruce-Mitford: i 10 comandamenti, le 10 piaghe d’ Egitto.
[ 36 ]
Troviamo interessantissimo e molto importante quanto detto da Cooper: nella Kabala, il 10 e’ il valore numerico di Adonai. Nella religione ebraica il 10 lo ritroviamo nei 10 comandamenti, i 10 nomi di Dio, le sfere o emanazioni dell’ Ein Soph, simbolizzato dall’ Albero della Vita, delle quali la prima e’ la Monade, la causa prima delle altre nove composte da tre trinita’, ognuna delle quali immagine della Trinita’ originale: maschile, femminile e intelligenza unificatrice. La decima, Adonai, rappresenta il ritorno mistico all’ Unita’. Nel Tempio di Salomone vi erano 10 tavoli e 10 candelabri, i cherubini avevano 10 gomiti di altezza e 10 erano i Leviti che officiavano davanti l’ Arca Santa. Nel Cristianesimo, il 10 compare nei 10 comandamenti e nella parabola delle 10 vergini, delle 10 lampade e dei dieci talenti. Inoltre, sempre secondo Cooper, il 10 rappresenterebbe il Cosmo, la Legge, l’ Ordine. La “tetraktys” 1+2+3+4 = 10 simboleggia la Divinita’. E’ il numero perfetto; il ritorno all’ Unita’. [ 37 ]

IL 2Il 2 e’ usato esplicitamente due sole volte nel libro di Vitry: lo riscontriamo nella citazione dei due Cavalieri Ugo de Payns e Goffredo di Saint-Aldemar, promotori del gruppo dei 9, e nei due colori del Beaucéant, il loro vessillo bianco-nero. [ 38 ]
Il 2 e’ citato anche nel libro della Barahona nella suddivisione della struttura militare: i Cavalieri (bellatores) e i Sergenti (fratres armigers). [ 39 ]
Per la Mitford il 2 rappresenta l’ opposto nella dualita’: vita e morte, luce e oscurita’, il maschile e il femminile. [ 40 ]
Cooper ricorda che, nella religione ebraica, il 2 rappresenta la forza vitale. Per la Kabala significa Conoscenza. Per i Cristiani, il 2 rappresenta la doppia natura di Cristo: la divina e la umana. [ 41 ]

L’ 1
Nella simbologia templare l’ 1 e’ usato solo per l’ arrivo di Ugo di Champagne. E’ abbastanza strano, a meno che non si interpreti il fatto come se l’ arrivo di Ugo tra i Cavalieri volesse simbolizzare l’ arrivo di Dio tra loro. Infatti, come afferma la Mitford, il numero 1 rappresenta sia Dio che l’ Individuo. [ 42 ]
In Cooper, l’ 1 secondo gli Ebrei e’ Adonai, cioe’ l’ Altissimo, “Io Sono”. Per i Cristiani e’ Dio Padre, l’ Unita’ Divina. [ 43 ]
Nella Kabala l’ 1 e’ DIO, l’ Io Sono. Congiungendo l’ 1 al 9 per formare il 10 potremmo attribuire il significato: DIO E’ ARRIVATO TRA NOI, CI HA MOSTRATO LA VIA DEL REGNO CELESTE E CI TRASFORMATO IN UOMINI CELESTI?

CONCLUSIONI
Trarre conclusioni su quanto attiene ai Templari e’ sempre molto difficile, anche perche’ andiamo a toccare temi scottanti. Parliamo pur sempre di Religione e non tutti hanno la mente aperta, purtroppo!
Quello che ci interessa sottolineare e’ quali numeri ebbero importanza per i Templari, anche sotto l’ aspetto Kabalistico: furono il 9, il 2 e il 3, il 12 (anche come 3), l’ 1 e il 10.
Riassumendo:
Secondo la Kabala, il 9 e’ il FONDAMENTO, DIO VIVENTE.
Il 2, la seconda Sephirah rappresenta la SAGGEZZA, il SAPERE.
Il 3, terza Sephira e’ la Triade. E’ detta l’ INTELLIGENZA, intesa come COMPRENSIONE o CONOSCENZA DELLE COSE.
Il numero 1 e’ la prima Sephira. In questo numero sono nascosti gli altri 9. Rappresenta DIO. IO SONO. ESISTENZA.
Il 10 e’ la Via del Regno e rappresenta il Nome Divino ADNI, Adonai.
L’ insieme delle 10 Sephirot rappresenta l’ UOMO CELESTE
Il 12 e’ un numero che troviamo nella Citta’ Celeste ripetuto piu’ volte e piu’ volte lo troviamo ripetuto nei Templari (N.d.R.: anche se ridotto a 3).
Se volessimo azzardare delle ipotesi, potremmo suggerire che i Templari trasmisero questo messaggio:
Attraverso la CONOSCENZA DELLE COSE (3) si acquisiscono il SAPERE e la SAGGEZZA (2) grazie alle quali si possiede il FONDAMENTO (9) per percorrere la VIA DEL REGNO (10) (N.d.R.: CELESTE), congiungersi a DIO-ADONAI (1 – 10) e costruire l’ UOMO CELESTE (le 10 sephirot unite) che abitera’ nella CITTA’ CELESTE (12).
Od anche: IO ESISTO-DIO (1) SONO ARRIVATO TRA VOI (10). ATTRAVERSO LA CONOSCENZA DELLE COSE (3), VI HO DATO LA SAGGEZZA E IL SAPERE (2) FONDAMENTO (9) NECESSARIO PER TRASFORMARVI IN UOMINI CELESTI (le 10 Sephiroth unite) CHE, PERCORRENDO LA VIA DEL REGNO CELESTE (10), ABITERANNO NELLA CITTA’ CELESTE (12).

Con cio’ terminiamo questo articolo con la speranza di avere spinto il lettore ad andare aldila’ delle versioni ufficiali e di avere scaturito in lui il germe della curiosita’. Insomma, il desiderio di entrare nell’ “altra cultura”, quella nascosta, quella vera!

NOTE
[ 1 ] J.C. Cooper Diccionario de símbolos pag. 125
[ 2 ] J.G. Atienza La meta secreta de los Templarios pagg. 150-151
[ 3 ] J.C. Cooper op. cit. pag. 124
[ 4 ] Georges Bordonove Le Crociate pag. 435
[ 5 ] Jacques de Vitry Historia de las cruzadas pag. 59
[ 6 ] Georges Bordonove op. cit. pag. 435
[ 7 ] J.G. Atienza op. cit. pag. 59
[ 8 ] Jacques de Vitry op. cit. pag. 58
[ 9 ] Edward Burman I Templari pagg. da 5 a 22
[ 10 ] Miranda Bruce-Mitford Signos y Simbolos pag. 102
[ 11 ] Luigi Avonto Gli Italiani e l’ espansione marittima portoghese pag. 78
[ 12 ] Luigi Avonto op. cit. pag. 79
[ 13 ] Pastora Barahona Los Templarios pag. 64
[ 14 ] Pastora Barahona op. cit. pag. 53
[ 15 ] J.C. Cooper op.cit. pag. 125
[ 16 ] Jacques de Vitry op. cit. pag. 58
[ 17 ] Edward Burman op. cit. pag. 64
[ 18 ] Pastora Barahona op. cit. pag. 151
[ 19 ] Jacques de Vitry op. cit. pag. 58
[ 20 ] Edward Burman op. cit pagg. 11, 13, 17, 32
[ 21 ] Edward Burman op. cit. pagg. 32 e 33
[ 22 ] Juan G. Atienza op. cit. pag. 39
[ 23 ] Pastora Barahona op. cit. pag. 148
[ 24 ] Jacques de Vitry op. cit. pag. 58
[ 25 ] Edward Burman op. cit. pagg. da 5 a 22
[ 26 ] Edward Burman op. cit. pag. 14
[ 27 ] Pastora Barahona op. cit. pagg. 421-437
[ 28 ] Edward Burman op. cit. pag. 32
[ 29 ] G. Bordonove La vita quotidiana dei Templari nel XIII secolo pag. 157
[ 30 ] Miranda Bruce-Mitford Signos y Símbolos pag 103
[ 31 ] J.C. Cooper op. cit. pag. 130
[ 32 ] Miranda Bruce-Mitford op. cit. pag 103
[ 33 ] J.C. Cooper op. cit. pagg. 130-131
[ 34 ] J. G. Atenza op. cit. pag. 155
[ 35 ] G. Bordonove I Templari… pag. 159
[ 36 ] Miranda Bruce-Mitford op. cit. pag. 103
[ 37 ] J.C. Cooper op. cit. pag. 130
[ 38 ] Jacques de Vitry op. cit. pag. 58
[ 39 ] Pastora Barahona op. cit. pag. 150
[ 40 ] Miranda Bruce-Mitford op. cit. pag. 102
[ 41 ] J.C. Cooper op. cit. pag. 125
[ 42 ] Miranda Bruce-Mitford op. cit. pag. 103
[ 43 ] J.C. Cooper op. cit. pag. 125

BIBLIOGRAFIA
Jacques de Vitry Historia de las Cruzadas EUDEBA Buenos Aires 1991
Georges Bordenove Le Crociate e il Regno di Gerusalemme Tascabili Bompiani
Edward Burman I Templari Convivio
Pastora Barahona Los Templarios Editorial LIBSA-Madrid
J. C. Cooper Diccionario de Símbolos Ediciones G. Gili-Mexico
Miranda Bruce-Mitford Signos y Símbolos BLUME Naturart- Barcelona
Juan G. Atienza La meta secreta de los Templarios Ed. Martinez Roca Barcelona
Luigi Avonto Gli Italiani e l’ espansione marittima portoghese Ed.Guerra-Perugia

GIANFRANCO MORSANI 18 agosto 2004

Etimologia della psiche: il Demonio è buono o cattivo?

Etimologia della psiche: Il DEMONIO è buono o cattivo?

di Barbara Collevecchio –

Chi mi conosce sa bene che le mie riflessioni partono sempre da quella che ritengo una “Grande madre” buona, bacino di infinite suggestioni e scoperte: l’etimologia.
Perché è importante andare alle origini della lingua? Non per puro “citazionismo” dotto ma per un’esigenza fondamentale: esplorare i nostri limen intellettuali attraverso i limiti della comprensione  del nostro linguaggio.  Molto spesso usiamo le parole in modo inconscio: senza conoscerne i reali e profondi significati. Se assumiamo che la parola è simbolo, significante e non mero segno, l’esplorazione e amplificazione del significato della parola diventa un concetto filosofico e un messaggio psichico.
Qual è la differenza tra simbolo e segno? Il segno è un semplice significante che ci riporta ad un univoco significato: un esempio possono essere i cartelli stradali. Il simbolo invece, dal greco Sun-ballo, significa mettere insieme. Mettere insieme cosa? La parola come simbolo coagula in sé dei messaggi psichici, dei concetti .
Il simbolo è sempre polisemantico ovvero ha più significati. Spesso un simbolo archetipico ha, come il tao, un livello inferiore ed uno superiore. Prendiamo ad esempio il significato di DEMONE.
Il dèmone s.m. [inizio sec. XIV] è uno spirito con facoltà soprannaturali. La parola deriva da quella meraviglia concettuale che è la lingua greca:  daímōn -onos e si traduce in ‘genio, essere soprannaturale’. Quindi per i greci un demone non aveva una connotazione negativa, esso è  divenuto ‘spirito maligno, demonio’ nella visione giudaico-cristiana. Perché?
Per capirlo dobbiamo risalire ad alcuni miti cosmogonici: in molti di essi Lucifero (colui che porta la luce) è una sorta di Prometeo, un mediatore psichico che connette l’umanità con gli dèi e le divinità. La stessa valenza è riscontrabile nel Dio Ermes, il messaggero degli Dèi, anch’egli ritenuto ladro e truffaldino. Portare la conoscenza agli uomini, far luce lì dove è oblio e ignoranza, è peccato. Questo ci dice  il mito di Prometeo, questo ci dice una bella scultura del figlio del filosofo Emanuele Severino. Non tutti sapranno che il noto filosofo ha un figlio che è anche un bravissimo scultore: Federico Severino. A casa del padre c’è una sua importante  scultura raffigurante Orfeo. Lo scultore ci regala un Orfeo schiantato a terra con la sua lira. Persa Euridice, perso l’amore, cosa resta ad Orfeo? Questa statua a testa in giù rappresenta anche la caduta di Lucifero: la caduta a terra, lo schianto vertiginoso di chi viene punito per il suo peccato di Ubris: la tracotanza di chi si sente più forte degli dèi, di chi li sfida. Un dio punisce sempre l’uomo che vuole guardarsi indietro. E il voltarsi di Orfeo è un cercare un significato profondo, interiore, è uno sguardo indiscreto nei confronti di tutto ciò che è ctonio: uno sguardo sull’Ade, sull’inconscio. Molto pericoloso farsi domande.
Quindi, tornando al Daimon, questo genio, questo spirito per i greci non era diabolico, ma una voce interiore che ci chiama alla nostra realizzazione attraverso una più compiuta conoscenza. Conoscenza che può essere pericolosa perché prevede un’esplorazione  dell’osceno. Osceno: fuori dalla scena, fuori dal manifesto. E come sappiamo da Freud i contenuti inconsci sono spesso e volentieri osceni, pruriginosi.
Eppure la sfida della complessità è questa: vogliamo accontentarci del manifesto o vogliamo ascoltare il nostro demone interno che ci spinge a “ ulteriorizzarci” e a conoscere veramente?
Circa i fraintendimenti e le bugie che ci diciamo e che ci dicono voglio farvi un esempio molto interessante. Il diavolo è buono o cattivo?
LA MISTIFICAZIONE DEL SIMBOLO DI BAPHOMET: SOLVE ET COAGULA
Bafometto o Baphomet è il nome, ricorrente nella letteratura occultista del XIX secolo, di unidolo pagano della cui venerazione furono accusati i Cavalieri templari.
Per molto tempo questa divinità  è stata male interpretata e intesa come entità demoniaca e perniciosa. Invece, se analizziamo  bene i simboli di cui è pregna, ci rendiamo immediatamente conto di quanto essi siano  positivi. Innanzitutto sul grembo c’è il caduceo, che come ho ampiamente scritto nel mio libro “ Il male che cura” è simbolo di unificazione positiva e curativa degli opposti e delle antinomie psichiche, tanto da diventare emblema della medicina. La mezza luna e le corna sono simboli di fertilità legati alla dea madre, il braccio in alto e quello in basso,” il solve et coagula”,  rappresentano i simboli alchemici dell’alto e del basso. La quadratura del cerchio, gli opposti che si integrano. Allora perché  quel volto caprino volto a spaventarci ? Perché alla chiesa d’allora conveniva denunciare e rendere eretici i Templari. Ma quante di queste mistificazioni ci hanno allontanato dal vero?
“Noli altum sapere” , in greco voleva dire “ non ti insuperbire della conoscenza”, ovvero, rimani umile. La chiesa ce l’ha tramandato come “non voler conoscere” . Eresia in greco vuol dire “libera scelta”… oggi cosa ci significa invece eresia?
Spero di non avervi annoiato e di aver scalfito un poco di false certezze. Il vero demonio, il vero peccato è restare ignoranti. Ce lo insegnano i miti, sempre attuali. Il vero pericolo è non approfondire, dare per certe informazioni che certe non sono. Certo, il rischio di affrontare e cercare la verità è quello di schiantarsi a terra, con tutto il pesante carico delle nostre illusioni… ma io vi chiedo: e se la bellezza non fosse in alto ma nel basso?

Le ultime pagine del mio libro : Il male che cura .

IImmagine

Maghe, streghe, fattucchiere e divinità nell’analisi psicologica di un arcaico rito rurale: il mito dell’eroe che affronta il male e il serpente al fine di guarire e rinascere a nuova vita. 
“Il Male che cura” è una metafora di guarigione nell’incontro terapeutico con le nostre difficoltà, svela l’opportunità di dialogare con le nostre parti rimosse ed energie sepolte. 
È l’incontro con la paura, riscontrabile nei miti e in questo rituale religioso che ancora sopravvive al tempo, a chiederci di riaprire un dialogo con i simboli archetipi e universali che giacciono in noi.
L’ autrice affronta attraverso l’analisi di questo rito un percorso di conoscenza del Sé, di catarsi e di espiazione, di morte e rinascita, che avviene attraverso l’incontro con il male che è presente in ogni individuo.

 

http://www.persianieditore.com/edizioni/Schede/Scheda_MaleCura.htm

I simboli onirici come quelli riscontrabili nei miti e nelle raffigurazioni artistiche come ad esempio, l’immagine del mandala, nella lettura junghiana sono frammenti che dall’inconscio collettivo ci chiamano attraverso le loro proprietà fascinose, a compensare il nostro atteggiamento cosciente e ad intraprendere la via dell’integrazione, in questo senso  il compito dell’individuo ci pare esemplificato in questo brano tratto dal “Coraggio di ogni giorno” di Hermann Hesse: “ Non c’è altra via che conduca al compimento e alla realizzazione di sé, se non la rappresentazione quanto più compiuta del proprio essere. “sii te stesso” è la legge ideale…non c’è altra via che conduca alla verità e allo sviluppo”.( Hesse 1950;trad.it.1993, pg.27).

Dunque  analizzando la processione di S.Domenico avvinghiato dai serpenti, non si possono fare affermazioni con dati storici che ne attestino la  diretta derivazione dal culto marso della dea Angizia ma mi è sembrato invece possibile, usando uno stile ermeneutico proprio della psicologia analitica, amplificare le sue componenti simboliche e  sottolineare come esse siano proprie di temi universali che ricorrendo sovente nella mitologia, nella storia delle religioni, come nelle favole e nelle produzioni oniriche, possono essere ricondotti all’archetipo della Magna Mater. Dopo aver trattato dell’archetipo della Grande Madre e dell’ombra, mi è sembrato possibile, dunque, evidenziare come il topos da cui origina il rito Cocullese sia riconducibile a quello dell’eroe che nel suo viaggio iniziatico di discesa nel regno inconscio, incontra il mostro/animale che deve sconfiggere o addomesticare. In questo senso credo che sia possibile rileggere anche le critiche mosse dal Profeta  a coloro che hanno interpretato questo rito con una visione monodimensionale attribuendo importanza ogni volta, solo ad una delle sue caratteristiche.

In termini psicologici l’incontro del santo con l’animale, che a Cocullo si specifica nel serpente, a mio avviso rappresenta  il processo di integrazione dell’ombra. Circa la presenza di simbolismi legati  all’archetipo della Magna Mater , abbiamo visto come esso si rappresenti in questo rito attraverso le immagini simboliche  del serpente, dell’acqua , della terra, dell’incubatio, della grotta e della dimestichezza con gli animali .

Ho rilevato le polivalenze simboliche del serpente sottolineando che  l’inconscio  proprio per la sua logica simmetrica ed estensiva non produce mai immagini immobili e fisse riconducibili ad un’unica ed inequivocabile interpretazione intellettuale ma ci pone innanzi simboli polisemantici che nella loro aurea nebulosa ci scuotono inducendoci ad una mobilizzazione e sperimentazione personale dei loro contenuti. 

L’immagine archetipica è mobile e sta a noi rimuoverla e non prestargli ascolto o rischiare di venire a patti con essa. Siamo noi, infatti, che ogni giorno dobbiamo chiederci se le scelte che facciamo sono frutto del nostro vero Sé o altresì scelte obbligate dal ruolo sociale che rivestiamo nella società. La tragedia Greca ha espresso con magistrale pathos questo dilemma: prendiamo l’Antigone di Sofocle. E’ evidente come in questa tragedia i personaggi siano intrappolati nei loro ruoli sociali: seppellire il proprio fratello come prescrive l’etica dei rapporti fraterni o obbedire al ruolo di cittadina dunque al divieto di seppellirne  del re? Antigone sceglie in quanto persona: maschera sociale, non in quanto individuo libero e questa scelta di condotta la porta alla rovina. Quanti individui sprecano la loro vita e si ammalano, poiché intrappolati nella loro persona non riescono a scegliere di intraprendere il rischioso percorso dell’individuazione?

Anche  per S.Domenico, che incarna il mito dell’esule, del viaggiatore errante alla ricerca di più alti valori del Sé , si tratta in principio di fare una scelta ed egli la compie con l’eremitaggio. Il Santo, come tutti gli eroi, si riconobbe non appartenente a quel mondo nebuloso e corrotto degli albori del medioevo, dunque decise di non prendervi parte in modo attivo ma di compiere un viaggio solitario di ricerca e di negazione dei valori correnti e abbiamo visto come il topos del viaggio sia anch’esso  un archetipo.. Il suo scopo era reintegrarsi con Dio ovvero raggiungere quella che la psicologia olistica chiama Autorealizzazione che presuppone il distacco dal mondo sociale, con le sue norme omogeneizzanti e appiattenti l’individuo. Come abbiamo visto il percorso verso la crescita e la differenziazione, la via della realizzazione di noi stessi è rischiosa :la trasformazione e  il cambiamento sono rischiosi, sia perché implicano una messa in discussione del nostro assetto psichico , sia perché non possono prescindere da una discesa negli inferi dell’inconscio materno, che assieme ad una promessa di rinascita ci assicura una morte, la morte del nostro vecchio modo di intendere e vivere l’esistenza. Questo percorso è chiamato da Jung di individuazione prevede l’incontro dell’individuo con il mostro, l’inconscio, che sovente è rappresentato dall’immagine di un drago o di un serpente.

Un individuo è paragonabile ad una casa in cui esso può coltivare se stesso, ma talvolta le mura dell’edificio individuale possono trasformarsi in corazza, per compiere l’esperienza fondamentale di superamento della condizione umana limitata, perché sia possibile il passaggio da un modo di essere limitante ad uno più ampio e non condizionato, c’è bisogno di una rottura; in uno splendido libro, “Spezzare il tetto della casa”, Eliade ci insegna come per il pensiero indiano, l’arhat , colui che spezza il tetto della casa, è colui che prende il volo verso la libertà, colui che “ ha trasceso il cosmo e ha avuto accesso a un modo d’essere paradossale, addirittura impensabile, quello della libertà assoluta”.(Eliade 1985;op.cit.pg.155).

Il simbolo della casa come corpo umano ci insegna che ogni situazione stabile, permanente implica la creazione di un cosmo, cosmo personale che talvolta può essere vissuto come limitante, in questo senso “Il superamento della condizione umana si traduce, in una maniera immaginosa, con l’annientamento della casa, cioè del cosmo personale che si è scelto di abitare”(ibd.); se dunque la dimora stabile in cui si vive, la nostra condizione esistenziale, blocca il nostro progresso, se le fondamenta diventano radici che ci avvinghiano e rendono impossibile percorrere il nostro viaggio personale, allora è nostro dovere assumere il coraggio di spezzare il tetto della nostra casa personale. Se si sceglie la libertà  dell’individualità qualcosa deve morire perché si possa rinascere.

In questo contesto concettuale, a mio avviso, s’incista il mito di S.Domenico, il quale, volto al  superamento dell’egocentrismo individualistico basato sulla coscienza dicotomica che  strappa dal contatto con l’Altro e con la totalità, ci rimanda al significato profondo ed al messaggio che ci invia questo affascinante rituale:  incontrare noi stessi e affrontare la paura che ne deriva.

Fu per poter vivere che i Greci dovettero, per profondissima necessità, creare questi dèi: questo evento noi dobbiamo senz’altro immaginarlo così, che dall’originario ordinamento divino titanico del terrore fu sviluppato attraverso quell’impulso apollineo di bellezza, in lenti passaggi, l’ordinamento divino olimpico della gioia, allo stesso modo che le rose spuntano da spinosi cespugli.”( F.Nietzsche :La nascita della Tragedia, pagg. 28-38)

Paura, o come lo chiama Nietzsche , terrore che viene proiettato nell’Ombra, negli animali.

 Paura che dobbiamo affrontare per poter integrare l’energia libidica rimossa, come quando durante la festa di Cocullo prendiamo il coraggio di  vedere e toccare i serpenti, poiché, seguendo Jung, ognuno di noi ha il compito di individuarsi.

Jung afferma che “tutti si ammalano perché hanno perso ciò che le religioni di tutti tempi hanno dato ai loro fedeli; e nessuno guarisce veramente se non riesce a raggiungere un atteggiamento veramente religioso”( Jung 1934;op.cit.pg.182) , quello che le religioni e i miti ci offrono tutt’ora sono i simboli che , in quanto messaggeri dell’inconscio , se integrati alla coscienza possono guarirci.

Ciò che la società di S.Domenico e la nostra ha perso è l’ascolto verso i suggerimenti preziosi che ci vengono per via dei simboli onirici o religiosi, il richiamo del Daimon, dell’ombra nella sua accezione di aiutante magico che ci induce a prendere una decisione:ascoltare l’inconscio e rinascere o rimanere immobili entro i limiti della persona sociale.

Il principium individuationis può avvenire in due modi contrapposti: una cosa è individuarsi in modo conscio e discriminatorio, ancorarsi al proprio egocentrismo e rimuovere l’inconscio, come fece con veemenza il principio brutale maschile all’epoca delle invasioni elleniche in Grecia, che rimosse il femminino uccidendo la Pizia e sostituendo un Dio maschio all’oracolo; un’altra è individuarsi dopo essersi calati in un viaggio iniziatico volto alla scoperta delle proprie profondità psichiche, riappropriarsi degli opposti da cui ci si era scissi, affrontare il proprio male interno e riuscirne risorti con un nuovo atteggiamento mentale. Questa è quella proprietà rigeneratrice tipica della Madre e del serpente che cambia pelle. Scrive infatti Carotenuto : “ Il percorso che porterà l’eroe alla meta individuativi non presuppone infatti l’irrigidimento difensivo che identificherebbe l’eroe con il padre, né la negazione difensiva delle pulsioni inconsce….così come una immediata e cieca fissazione al regno delle madri comporta la perdizione di sé, altrettanto perdente risulterebbe l’adesione unilaterale e acritica ai dettami dell’ordine patriarcale”.( Carotenuto,1992,op.cit.pg.106).

Vediamo come la tematica centrale di questo rito sia la vittoria sul negativo e la paura,  a tal riguardo scrive Jung : “ La paura della vita non è un fantasma immaginario, ma un vero panico che appare sproporzionato solo perché la sua fonte reale è inconscia e quindi proiettata: la parte giovane e in via di sviluppo della personalità, cui viene impedito di vivere e che viene tenuta a freno, genera paura e si trasforma in paura.”( Jung 1912; pg.294). 

Dunque il serpente non è altro che quella parte vitale della personalità che noi ricacciamo nell’inconscio e che ci chiama  a vivere, “ sembra che la paura provenga dalla madre, in realtà è la paura della morte dell’uomo istintivo e inconscio che, per il continuo indietreggiare dinanzi alla realtà è tagliato fuori dalla vita.”

Affrontare  il tema della  paura, in questa società in cui uno delle sofferenze dell’anima più diffuse è l’attacco di panico, mi sembra uno dei compiti più importanti da svolgere ( secondo i dati del Lidap in Italia soffrono di questo disturbo 2,5 milioni di persone e negli ultimi vent’anni c’è stato un aumento costante). La paura, infatti, un tempo poteva essere proiettata sui mostri, sui demoni e sugli animali, come abbiamo visto nella trattazione della mia tesi, ma oggi pare che con l’attacco d’ansia ci blocchi dal nostro stesso interno. E’ probabile che i nostri bisogni creativi, le nostre energie libidiche, non possano avere sbocco in un’epoca in cui, come aveva profetizzato Jung si è persa quasi totalmente la capacità di essere creativi e di pensare per simboli. Caprifoglio in un articolo scrive : “chi soffoca sul nascere il proprio modo di essere finisce sotto attacco. Il panico usa una cura d’urto solo per farci scoprire chi siamo” per cui la domanda da porsi dinnanzi all’emergere della paura dovrebbe esser “ oggi, con questa crisi, che vita sto ricacciando indietro? Che cosa mi sto perdendo che il panico mi segnala con tanta intensità?”( Caprifoglio in Riza psicosomatica, Feb.2007 n.312). Il panico subentrerebbe dunque quando si aderisce alla Persona, infatti panico deriva da Pan, il Dio greco dell’istintualità e della vitalità, mezzo uomo, mezzo animale che induceva un improvviso e intenso stato di terrore in chi lo incontrava. L’attacco di Pan, come l’incontro pauroso con il serpente, rappresenta la nostra natura istintuale che irrompe nella Persona rigidamente strutturata. 

Hillman nel saggio su Pan, afferma che il panico rivela le eruzioni vulcaniche, gli attacchi e i tifoni distruttivi della natura dell’uomo rimossa.( cifr. Hillmann; op.cit) In questo senso, rifacendoci al patronato odontalgico di S.Domenico, potremmo affermare che siamo rimasti senza “denti”: indifesi dinnanzi alle pulsioni che rischiano di strabordare dall’inconscio poiché non abbiamo più santi taumaturgi in cui credere né simboli capaci di trasformare l’energia psichica.  Carotenuto scrive  : “ Il nostro mondo psichico equivale a un campo energetico costituito da polarità…anziché averne paura, dobbiamo essere in grado di immergerci in situazioni problematiche. Le strade lisce e senza ostacoli esistono solo nel desiderio, che per fortuna non si realizza mai, altrimenti il quadro assomiglierebbe a un elettroencefalogramma piatto”.(Carotenuto 1991;op.cit.pg.757-758). E’ per questo che ritengo importante il contributo della psicologia junghiana, poiché nel suo messaggio positivo ci apre la strada verso la comprensione di quei messaggi simbolici partoriti da una funzione  curativa che possediamo in noi stessi  e ci apre ad una concezione del conflitto che  supera la paura subordinandole l’importanza dell’antropocentrismo di un individuo che impari a considerarsi centro e padrone della propria esistenza.

Dunque la funzione di questo rito non sarebbe altro che rappresentare l’esposizione dell’uomo al negativo esistenziale, ripetendo il tema mitico dell’incontro dell’eroe con il mostro, esperienza grazie alla quale l’individuo stesso viene redento dal suo isolamento e restituito alla sua totalità . Come afferma anche Hegel nella fenomenologia dello spirito, infatti, lo spirito è forte quando ha la capacità di guardare in faccia il negativo che è in ognuno e soffermarsi su di esso affinché il negativo stesso non lo travolga; discorso ripreso anche da Nietzsche che in Divieni ciò che sei, scrive di come l’uomo tenti di fuggire dal dolore sottraendosi così allo sguardo penetrante che lo osserva dalle profondità del dolore che chiede all’uomo di comprendere tramite di lui la propria esistenza.

 La Totalità e  completezza del Sé cui si riferisce Jung  promuove una morte del vecchio uomo, sociale e rimosso a favore di una rinascita che non è legata ad un paradiso terrestre ma ad un’esistenza sperimentata al pieno delle proprie possibilità. L’uomo individuato rinasce nel mondo per poterlo godere e per esplicare in esso tutte le sue potenzialità creative. Cercare Dio in sé stessi equivale a  trovare la via per l’assoluto dentro di sé , quanto maggiore sarà l’ ascolto prestato al sè più profondo tanto maggiore sarà la certezza dell’uomo di essere volto di Dio:è qui che si risolve il problema religioso di cui parlava Jung, immagine espressa  in una bellissima poesia del poeta spagnolo Jimenez: 

“L’ESSERE UNO”

Che nulla mi invada da fuori,

che solo io mi ascolti dal di dentro.

Io Dio

Del mio petto.

Io tutto:ponente e aurora;

vita e sogno,amore e amico.

Io solo

Universo.

Non pensate alla mia vita,

lasciatemi libero e immerso.

Io uno

Nel centro.” (Jimenez, 1923)

Ma per raggiungere questo stato di completezza si rischia  di rimanere avvinghiati tra le spire del serpente e che il suo il morso ci ammali, lo stesso Jung nel viaggio della sua analisi interiore fu vittima di quella che Neumann chiama “malattia creativa”.

Scrive Neumann: “La storia individuale di ogni uomo creativo rasenta sempre l’abisso della malattia , in quanto in lui è caratteristica una intima tendenza a non proteggere e guarire , com’e usuale, le ferite personali che sono necessariamente connesse a ogni sviluppo. In lui queste ferite rimangono aperte, ma la sofferenza che esse procurano è vissuta fino a una profondità dalla quale affiora un’altra forza risanatrice , cioè il processo creativo.” (Neumann, 1954;trad.it 1975,pg.51).

 S. Domenico deve soffrire la solitudine dell’eremitaggio e del contatto con l’inconscio ma da questo ne esce santo e capace di parlare con i serpenti (il male) e renderli innocui .Anche in questo caso vale il mito secondo cui il ferito può essere anche colui che guarisce, il medico, ecco spiegato perché su tutti i personaggi che sono venuti a contatto con il simbolo dell’ombra sotto le spoglie del serpente, come i serpari, siano attribuite capacità taumaturgiche: “Poiché l’uomo creativo nella propria sofferenza personale soffre in prima persona anche per le ferite della sua epoca……egli è in grado di produrre dalla forza rigeneratrice delle sue profondità ciò che può guarire non solo lui stesso ma anche la comunità”.(Carotenuto 1991;op.cit.pg.473). Allora la funzione sociale dei serpari sembra quella di “mediatori psichici”: l’antico serparo potrebbe rappresentare l’odierno psicoanalista che, avendo dimestichezza con l’inconscio, insegna anche agli altri a prendere contatto con esso così come il serparo durante la festa avvicina le persone spaventate ai serpenti.

Ecco che così si può rispondere ad un’altra domanda che il Chiocchio si poneva circa il culto di Ercole: “perché fu celebrato l’eroe dell’uccisione dei rettili (Ercole) dal momento che in epoche antiche questi erano simbolo di prudenza e di immortalità?” (Chiocchio;op.cit.ibd). .

Perché l’uccisione del serpente simboleggia la morte simbolica dell’uomo “persona” e la sua rinascita ad uomo guarito, per questo è così emblematica la fotografia che mi ha mostrato il Prof. Giancristofaro presidente del Centro Studi di Tradizioni Popolari dedicato al Di Nola.

In questa foto dalla quale infatti prende il nome il libro “Il serpente sull’altare” di Profeta (ed.Iapadre 1998),compare un serpente sull’altare eucaristico, quest’immagine è fascinosa e archetipica poiché simboleggia a mio avviso il sacrificio del serpente (ombra) che immolato nella mensa eucaristica è integrato psichicamente. Da una parte questa è una morte  ma è  morte che implica  rinascita, come la resurrezione del Cristo:non a caso il Cristo risorto è raffigurato come un pesce  infatti è disceso negli inferi, nel mare dell’Es, ed è risorto. Che il serpente sia assimilabile al Cristo si evince d’altronde dal passo biblico in cui quando gli israeliti nel deserto si pentono di aver mormorato contro Dio, chiedono a Mosè di intercedere per loro con quest’ultimo . Dio allora comanda di fabbricare un serpente di rame e di innalzarlo sopra un’asta; “chiunque , dopo essere stato morso, lo guarderà, resterà in vita” è scritto.( Nm 21,7 s). Il serpente di rame nel nuovo testamento è considerato una prefigurazione di Cristo “ Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il figlio dell’uomo, perché chiunque creda in lui abbia vita eterna” (Gv 3,14 s) e  nella patristica S.Ambrogio parla del crocefisso come di un serpente appeso al legno (serpens in ligno suspensus) . Se secondo Eliade “Forse la funzione più importante del simbolismo religioso (importante, soprattutto per via del ruolo che doveva avere nelle successive speculazioni filosofiche) è la sua capacità di esprimere alcune situazioni paradossali e alcune strutture della realtà ultima, altrimenti impossibili ad esprimere”[32]; Mefistofele e l’androgine, cit., p. 189. Mediterranee, 1971.

Allora Il percorso dell’Eroe dunque ci ricorda l’importanza di aver il coraggio di affrontare la paura di vivere un’esistenza autentica, un percorso individuale, senza temere la morte  del nostro uomo sociale o la solitudine che spesso deriva da scelte indipendenti.  Coraggio al cospetto dell’Ombra :  “ Coraggio dinanzi alla tristezza dei distacchi, alle passioni che selvaggiamente riassaltano e attanagliano, alle cose del mondo che vanno in contrario dei nostri amori e delle nostre speranze, ai dolori che conviene sostenere e accettare e addomesticare e ridurre a compagni severi della propria vita morale” come scrive Croce ( Croce 1945, pg.31).

L’eroe possiede questo coraggio e  senza temere il giudizio del mondo che troppo spesso getta tra i perdenti gli individui che cercano una soluzione originale agli eterni conflitti dell’animo, il suo archetipo ci ricorda che la vita va sperimentata, che con “audacia” bisogna esplorare vie e interpretazioni nuove,  poiché, come scrive Jung : “ A ogni declino segue un’ascesa. Le forme che svaniscono si ricompongono e , alla lunga, una verità è valida solo quando è suscettibile di mutamento e testimonia di sé nuove immagini, in nuove lingue, come un vino nuovo che viene messo dentro botti nuove”. (Jung,1912:op.cit.pg.349).